Cenni storici
Si è detto troppe volte che distruggendo la natura distruggiamo noi stessi, ma spesso non
siamo in grado di difendere quel che ci protegge. La natura sembra essere sinonimo di
armonia sublime, anche se il concetto di entropia domina incontrastato dal seggio
autorevole della Fisica; tuttavia se fosse rispettata vi si troverebbero gli elementi in
grado di stabilire forme di equilibrio dell'ecosistema.
In epoche remote le piante erano venerate perché veniva loro attribuito poteri magici e
divini. Guaritori e stregoni furono i primi ad usarle in forma cultica e divinatoria. Il
primo erbario terapeutico fu il Pen Tsao del medico cinese Shen Nang. In Egitto i papiri
dei faraoni citano più di 700 rimedi vegetali. Alcuni di essi riportano la descrizione di
oli profumati per usi diversi, come fosse una versione arcaica dell'aromaterapia. D'altro
canto gli esperti stimano che i rimedi erboristici e la medicina Ayurvedica abbiano
un'età che si aggira sui 5.000 anni
La mitologia greca narra che Asclepio, gran dio della medicina, fu ucciso da Zeus per
gelosia delle sue capacità curative. Ma il suo discepolo Ippocrate, padre indiscusso
della medicina, fu il primo a conferire una base logica alla scienza, separandola dalla
magia e dall'esoterismo. Il suo metodo si basava nell'osservazione scientifica naturale
che concepiva l'organismo umano composto da quattro elementi in armonia tra loro: sangue,
flegma, bile gialla e bile nera, e che dovevano trovarsi in equilibrio con l'ambiente
esterno. L'alterazione di questo stato armonico era causa di malattia, e il medico doveva
intervenire per convogliare l'energia del corpo del paziente verso il recupero
dell'equilibrio perduto, il solo modo per ottenere una perfetta guarigione.
Più tardi Aristotele, maestro dei saggi, considerò che ogni essere vivente, piante
comprese, avesse una "Psiché", o principio vitale, contrapposto al
"Pneuma", sostanza eterea, inosservabile, realizzando in tal modo la famosa
dicotomia dualistica. Più tardi i suoi principi vennero applicati persino alle piante,
creando una botanica cosiddetta "aristotelica", una concezione filosofica della
pianta e della sua natura.
Paracelso (16° secolo), fondatore della medicina sperimentale, si ritiene sia stato anche
un precursore della medicina omeopatica. Dal suo insegnamento si cominciarono ad osservare
le "forme" della Natura per determinarne le qualità intrinseche e capirne
l'utilizzo per il corpo umano.
Con le generazioni successive si sviluppò la medicina popolare, basata sull'impiego delle
piante medicamentose, destinata a trasmettersi oralmente ma anche con la pratica. Dal
momento che non si conosceva il meccanismo di azione né tantomeno i principi attivi delle
piante, si attribuiva spesso loro un potere sovrannaturale, tant'è che dal Medioevo in
poi, i monaci curatori insegnavano a completare le cure con le preghiere (Hospitales erano
i conventi).
Con la nascita delle scuole di medicina, come quella di Salerno, Bologna, Parigi e
Salamanca, si andò affermando la medicina come Scienza, che attraverso la replicabilità
dei fenomeni e la loro verifica in laboratorio, confermò le proprietà terapeutiche delle
piante riuscendo successivamente ad estrarre i singoli principi medicamentosi.
Ma prima che la medicina divenisse una sorta di corporazione d'avorio, distaccata dal
rapporto uomo-ambiente-spirito, appena alla fine del 700 Hanneman dava vita alla scienza
omeopatica, basandosi sull'assioma similia similibus curentur.
Un secolo dopo appare in scena Freud, che diede per la prima volta una interpretazione ai
comportamenti umani attraverso la lettura della psiche ed introducendo il concetto di
malattia psicosomatica.
Il Metodo
Nel 1929, Edward Bach, 44 anni, gallese, prima medico immunologo e microbiologo, poi
omeopata e ricercatore noto e apprezzato nel mondo della scienza (sua è la scoperta dei
sette nosodi, i rimedi omeopatici ancora usati per la cura di malattie croniche),
riconosce e patisce in prima persona i limiti dell'approccio terapeutico tradizionale, ed
esordisce con il concetto di percezione nel malato dell'anima che bussa. D'altro canto, se
emozioni transitorie come rabbia, tristezza e paura, sono in grado di provocare
nell'immediato sudorazioni, palpitazioni e brividi, cosa possono determinare allora
sull'equilibrio psico-fisico emozioni profondamente radicate quali panico, rancore,
malinconia, senso di fallimento, rivalità, rigidità mentale, se covati per lunghi anni?
La risposta è semplice: le malattie psicosomatiche. Bach aveva osservato che molti dei
suoi pazienti, prima di un disturbo fisico, mostravano varie difficoltà emotive e
psicologiche che rendevano i disturbi più difficili da curare. Ipotizza dunque che senza
la gioia interiore non esisterebbe vera guarigione. Così convinto abbandona prestigio e
carriera per dedicarsi ad un metodo di cura inedito, che agli occhi della scienza
ufficiale e per lungo tempo non avrebbe riscosso credibilità. Chiude perciò il suo
ambulatorio in via Harley, a Londra, e se ne va in campagna a studiare fiori e piante
selvatici, quelli riconosciuti atossici e meno manipolati, solitamente non utilizzati a
scopo alimentare, le piante più vigorose, assumendo che potessero trasmettere la forza
dell'energia vitale della natura ancora incontaminata.
Ottimo conoscitore e osservatore della natura, affascinato dalla scoperta
dell'infinitamente piccolo, decide di affidarsi alla sua sensibilità e alla capacità di
vedere oltre le apparenze, per formulare le ipotesi sulla relazione esistente fra
l'analogia comportamentale di certe piante e il modo di agire e comportarsi delle persone.
Con il progredire della ricerca aumenta in lui la convinzione che ad ogni malattia
corrisponda un preciso disagio mentale o emotivo. Scopre in tal modo che alcune piante
avevano gli stessi effetti benefici dei sette nosodi e li sostituisce ad essi. Individua i
disagi psicologici responsabili dell'insorgere di alcune malattie e dà vita ad una forma
di omeopatia floreale capace di restituire, fra l'altro in tempi brevi, energia e
benessere all'uomo senza ricorrere ai principi chimici, ma intervenendo su livelli sottili
e profondi della personalità. "Guarire il malato e non la malattia"
diventerebbe il nucleo concettuale della sua filosofia, in grado di proporre un modello di
intervento sulle emozioni e gli stati d'animo negativi quali paura, senso di solitudine,
preoccupazione eccessiva per gli altri, scoraggiamento, apatia, insicurezza, ansia, che a
lungo andare minacciano la salute.
La sua ricerca cessa dopo avere individuato 38 preparati che considerano tutte le
debolezze e carenze caratteriali comuni agli uomini.
Secondo Bach alcune medicine tradizionali sarebbero in grado di curare il corpo ed altre
le emozioni patologiche, ma ciò che sembra disarmare è l'audace dichiarazione secondo la
quale solo le essenze floreali potrebbero curare l'Anima, elevando la spiritualità, dal
momento che il fiore costituirebbe la parte più alta e per ciò "spirituale"
della pianta. Così le essenze si propongono capaci di stimolare nell'uomo virtù
dimenticate: amore, altruismo, altruismo, pazienza, coraggio, volontà, apprendimento,
servizio, moderazione, umiltà, flessibilità, superamento, freschezza, perdono... La vera
guarigione starebbe dunque nel ripristino dell'equilibrio emozionale che dà senso alla
vita e permette di affrontare le prove con coraggio e chiarezza, in quella che chiama
"riarmonizzazione della coscienza" con il raggiungimento della gioia e della
sicurezza interiore che si esprimono nel carattere allegro e sereno. Una chiave per
inaugurare nella mente spazi nuovi e incontaminati attraverso un'occasione di rinascita e
di equilibrio.
Catalizzatori di consapevolezza, i rimedi floreali sarebbero in grado di eliminare il
sintomo senza colpirlo, modificando il terreno energetico su cui si sviluppa la malattia.
In questo modo si può ipotizzare che una malattia sul nascere potrebbe essere guarita
prima che sia conclamata a livello organico.
I tentativi di verifica
Va da sé che l'uomo non è fatto solo di materia (il semitico Basàr), ma è
anche sede di aspirazioni trascendenti e di luoghi inesplorati racchiusi nell'inconscio.
Secondo una visione naturistica, l'uomo sarebbe un essere "vibrazionale". Le sue
cellule contengono circa mille miliardi di atomi che ruotano a determinate frequenze
formando campi energetici. Secondo Bach ogni fiore sarebbe portatore di "qualità
vibrazionali", di energia risanatrice che interferisce terapeuticamente con la
psiche.
Massimo Marietti, neurofisiologo, psicoterapeuta e ricercatore del CNR, in un suo trattato
si è occupato dei possibili meccanismi biochimici che potrebbero spiegare il
funzionamento della Floriterapia: "Recenti scoperte individuano i chemiorecettori
come strutture proteiche della membrana cellulare capace di trasformare stimoli chimici
quali il gusto e l'olfatto in correnti elettrochimiche. I neurotrasmettitori trasportano
tali messaggi in tutto il corpo. Semplificando, è come se le parole, gli odori, i sapori,
i suoni e tutte le stimolazioni sensoriali si mutassero in un "messaggio"
chimico, atto a trasformare l'equilibrio cellulare sempre in gran movimento. I rimedi
floreali veicolano nell'acqua i loro messaggi di odore e sapore e da qui vengono recepiti
e trasformati a livello cellulare, in un gran gioco di risonanze".
Benché l'esatto funzionamento dei rimedi floreali non sia ancora stato compreso, alcuni
ricercatori ipotizzano che queste sostanze possano stimolare il rilascio da parte dei
neuroni di trasmettitori sinaptici capaci di alterare emozioni come paura o rabbia. Ne
deriva un rafforzamento della capacità di autoguarigione intrinseca dell'organismo.
Alcuni sostengono che le essenze floreali possano riportare la mente e i sentimenti allo
stato di equilibrio primigenio in cui probabilmente sarebbero rimasti se la crescita non
fosse stata perturbata da traumi ed esperienze negative. Teorie difficili da provare e
facili da rifiutare. Ci vorrà forse un po' prima che la scienza sia in grado di misurare
le modificazioni sottili di cui stiamo parlando. Tuttavia va tenuto conto di un aspetto di
fondo che ha condizionato il giudizio sulla Floriterapia: le evidenze dei risultati
clinici, specie se questi si producono all'insegna dell'ippocratico "primum non
nocere".
La Floriterapia "legittimata"
La scomparsa di Edward Bach non ha arrestato la ricerca, e nuove essenze
floreali sono state scoperte e messe in uso sotto il profilo terapeutico. Centri di studio
e di ricerca sono nati in California (alcune essenze californiane erano già utilizzate a
scopo terapeutico dai popoli amerindi in epoca precolombiana), in Alaska, in Francia, in
India, in Brasile, in Argentina, e pure in Italia (Sardegna). Sembra che le essenze
australiane abbiano un'azione più diretta sul corpo fisico; addirittura vengono
sperimentate in molti ospedali nella terapia del dolore, come sostituti della morfina. In
Inghilterra sono oggetto di interesse scientifico e materia di studio e approfondimento.
Dal 1976 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto e legittimato l'uso della
Floriterapia come metodo di cura complementare, termine che serve ad incontrare il favore
sia dei medici convenzionali sia di quelli cosiddetti "alternativi", dunque, nei
casi in cui vi sia un'alterazione organica o anatomica, non può bastare a se stessa, ma
dovrebbe affiancare le terapie farmacologiche o psicoterapiche già in corso. L'assoluta
assenza di tecnicismo in fase di produzione, la convalidata mancanza di rischi di
assuefazione, di effetti collaterali e di interazione con ogni sorta di farmaco, permette
di lavorare in un contesto di assoluta sicurezza per il paziente. Si ritiene che anche
quando una frequenza floreale fosse stata prescritta in modo improprio, l'organismo la
identificherebbe come "non necessaria", e pertanto non agisce come dovrebbe.
Possono essere usate in particolare nell'età senile, in gravidanza e nei bambini, senza
arrecare alcun danno. In più si possono impiegare per gli animali e nel trattamento
rivitalizzante delle stesse piante.
Risultati
In un mondo dove prevale il vivere frenetico, dove la gente è in continua guerra con se
stessa, dove lo stile di vita ha assunto ritmi logoranti che danno luogo a disturbi di
ogni tipo, psicologici e somatici, dalla colite all'insonnia, ai disturbi del
comportamento alimentare, alle dipendenze, la Floriterapia ha una parola efficace da dire,
e rappresenta un reale veicolo per una riflessione su noi stessi e sulle deformazioni che
abbiamo accettato nel insano tentativo di adattarci troppo a una società per certi versi
ammalata, sempre più complessa, dove il concetto di semplicità corre il rischio di venir
confuso con quello di "primitività". Potrebbe anche essere quella chiave
semplice e concreta per uscire vincenti dal fallimento delle molte chimere tecnologiche e
progressiste, materialistiche, consumistiche, promotrici di falsi valori. Si dimostra
utile in un contesto di stili di vita patologici fortemente correlati con malattie
degenerative come le Cardiovascolari e il Cancro.
I risultati sembrano oggettivi ed oggettivabili. Sempre più persone si accostano alla
Floriterapia facendo in tal modo lievitare la domanda di benessere e sempre più farmacie
hanno per forzo dovuto alzare il livello dell'offerta con prodotti di questo genere che si
prestano all'autoterapia e all'automedicazione. Tuttavia si deve sottolineare il fatto che
la Floriterapia sta diventando materia da professionisti, medici e psicologi, e che
pertanto sempre più professionalità graviterà intorno al metodo. A questo si aggiunge
un altro aspetto di rilievo: questa professionalità è funzionale al miglior approccio
possibile al paziente. In altre parole, un'automedicazione o una prescrizione
approssimativa può giovare alla stessa stregua di un individuo che per curare la cefalea
ricorre al classico cachet da banco, ma un trattamento dei disturbi di fondo, reattivi e
strutturati nella personalità, può essere affrontato efficacemente da un intervento
professionale che possa mirare non alla cura del sintomo, come da qualche decennio ormai
non si fa che ribadire, ma dell'individuo nella sua totalità, in una prospettiva di
guarigione che spesso è sinonimo di cambiamento consapevole. Infatti, un rimedio floreale
assunto meccanicamente, e che lascia in secondo piano i segni delle disarmonie da
correggere e il decorso che la coscienza deve fare per evolvere attraverso
l'auto-osservazione guidata dall'esperto, rischia di fallire il suo obbiettivo. Come
avviene anche per la kinesiologia applicata, sviluppatasi dopo Bach, che individua sì i
Fiori utili e positivi per la persona, ma sorvola sull'analisi degli aspetti emozionali.
Con questa tecnica il procedimento terapeutico è inverso, si individua prima il rimedio
sulla base di reazioni muscolari sotto lo stimolo di alcune essenze selezionate dal
terapeuta e poi se ne deduce la sua eventuale applicabilità sul piano curativo.
Ricordiamo infine che "Rescue Remedy", prodotto floreale di più largo impiego e
divulgato come prodotto da banco, può essere di grande aiuto a stabilizzare stress
emotivi in emergenza o in stato di crisi emotiva, ma non può mai sostituire la terapia di
fondo, il "cocktail" composto da un minimo di tre essenze, scelto in base alla
personalità di ogni individuo, dato che spesso i problemi emotivi sono molteplici. Non
basta dunque riconoscere dei sintomi fisici, è necessario conoscere se stessi ad un
livello più profondo, per avviare un autentico processo di cambiamento.
Nuove figure professionali: il
Floriterapeuta
Il successo della Floriterapia è inevitabilmente legato all'abilità del terapeuta, che
deve essere opportunamente dotato di competenza, maturità, capacità di valutazione, di
analisi e sintesi, di empatia, sensibilità ed una qualche dose di intuito che se bene
allenato può più agevolmente cogliere con obiettività ogni informazione utile. La sua
bravura risiede anche nel sapere ascoltare sia ciò che il paziente gli vuole raccontare
durante il colloquio, sia le cose non dette e taciute perfino a se stesso. Deve incentrare
inoltre l'attenzione della persona sui disagi lamentati, per metterla di fronte alla
opportunità ed anche alla necessità di un cambiamento interiore, aiutandola a percorrere
una strada di piena consapevolezza nel mettere a fuoco aspetti del suo carattere che fino
ad allora non aveva voluto o potuto riconoscere, e sostenendola durante la "crisi
di coscienza".
Nella mia pratica clinica ho avuto modo di trattare la dipendenza da Tabacco con le
essenze floreali, collaborando con gli specialisti di GEA Progetto Salute, che in Italia
hanno la maggiore esperienza nella prevenzione e nel trattamento della dipendenza da
Nicotina (www.gea2000.org). Ne ho ricavato oggettivi risultati terapeutici e con alcuni
collaboratori seguiamo via internet (www.floriterapia.com) persino pazienti d'oltre
oceano. L'esperienza di questi ultimi tre anni, e di un centinaio di fumatori trattati, ci
ha fatto rivalutare questo metodo di trattamento applicato come coadiuvante sia nelle
terapie di gruppo che nell'approccio individuale. Il lavoro ha anche valenza di ricerca e
di verifica continua e proseguirà nei prossimi anni.
Liliana
Gimenez Haas. -
Servizio di consulto on-line Florinet
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