QUARTA di COPERTINA |
Leila Daianis vive tra noi ed é una donna ex-transessuale. Il racconto in positivo della sua storia di vita non ripropone i soliti stereotipi che contribuiscono a marginalizzare le persone che si trovano nella condizione della disforia sessuale. Leila può dire davvero di aver conosciuto due mondi, di aver vissuto due vite che s'intrecciano e sfumano l'una nell'altra, da uomo e da donna, e ciò porta con sé una ricca molteplicità di esperienze. Viene da citare il mitico Tiresia, prima maschio poi femmina, l'androgino Middlesex di Eugenides, allevato come bambina anche se maschio, o il film Transamerica, centrato sulla figura di un padre che affronta l'operazione chirurgica che lo farà riappropriarsi anche fisicamente della sua identità mentale tutta al femminile. La vicenda diventa molto interessante giacché narrata da due punti di vista, quello dell’“angelo” e quello della “donna dell’angelo”. Leila è la “donna dell’angelo”, una lei nata lui, figlia di una ballerina cubana e di un militare, abbandonata troppo presto dalla famiglia d'origine e cresciuta in adozione. Lui è il suo angelo protettore, che la accompagna amorevolmente per tutto il Sudamerica e anche oltre. Finirà per innamorarsi così tanto di Leila da chiedere agli dei di poter diventare umano e di avere il “privilegio” di invecchiare insieme alla sua donna, vestendo i panni di un uomo comune. In mezzo, dapprima l’impegno artistico di Leila, il teatro di strada, poi la presa di consapevolezza del suo transessualismo, la lotta per i diritti dei diseredati della Terra, la scoperta dell’Europa e alla fine la decisione di stabilirsi a Roma, dove trova (finalmente) l’amore e tutt'oggi s'impegna per i diritti dei transessuali. Una sorta di viaggio nel senza tempo dei misteri umani e divini. Un racconto poetico, per molti versi divertente, sicuramente vero. Liliana Gimenez
Esistono gli angeli? La domanda, posta a chi per inclinazione filosofica e vocazione razionalistica non crede al Trascendente, parrebbe implicare una risposta scontata; eppure pensiamo a un altro tipo di angelo, ben poco celestiale e molto terreno, quasi umano. Un angelo che non ha paura di affrontare la vita, di affondare con le braccia fino ai gomiti nel fango delle miserie quotidiane, perché caratteristico dell'esistenza è il ritmo alterno dei momenti belli con i momenti brutti, tale che spesso solo l’attesa e la speranza dei primi riscatta e fa sopportare i secondi. Un angelo che nonostante tutto riesce a restare nella sua purezza, a dispetto delle debolezze che tutti gli angeli dal volto un po’ umano hanno: tifano allo stadio e giocano al Totogol, si arrabbiano, s’ingelosiscono e, udite, udite, s’innamorano. E cosa succede quando un angelo s’innamora di un essere che la natura ha costretto in un corpo non suo, dalla sessualità incerta, dalla quale solo aspetta di venirne fuori? Beh, succede che l’angelo si convince che, dopotutto, la vita terrena è molto più variegata, nelle sue fantasiose realtà, dell’asettica e univoca “Perfezione Celeste”. E, parlando di perfezione, si scopre come l'idea stessa sia demolita nell'evoluzione del racconto dalla bellezza dell’“imperfezione”, perché alla fine di queste pagine ci si accorge che essa non esiste. Per fortuna. Un libro insolito, quasi una favola metropolitana, che tratta con delicatezza la tematica transessuale. Una storia che può prendere vita anche sul grande schermo, per il quale sembra fatta apposta. Sergio D’Afflitto
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