MURCHADNA: il convitato di pietra, ovvero l’Ayurveda
Prendersi cura della persona e non della malattia è l’essenza dell’Ayurveda, essa approccia l’individuo come corpo – mente – spirito. E’ il più antico percorso verso la consapevolezza. AYUR + VEDA molti lo traducono come scienza della vita, preferiamo conoscenza della vita. Il perché risiede nel fatto che per molti occidentali si attua un riduzionismo ed un appiattimento tra la scienza e il metodo scientifico, opprimendo e relegando al di fuori del percorso umano e del processo di conoscenza la parte più importante del processo verso la guarigione. Nagaryuna (1) è il rappresentante di una sintesi necessaria ed olistica, ove le tentazioni analitiche e divisorie del pensiero manicheo non trovano (fortunatamente) cittadinanza. Energia è materia, materia è energia non esiste spirito senza materia nè materia senza spirito(lo spirito è come il vento va dove vuole). Voler tradurre forzatamente l’Ayurveda in analisi materiale, psicologica e spirituale non è coerente alla tradizione Ayurvedica. Le sagge culture di un tempo, riferendoci oltre a quelle orientali anche a quelle occidentali, avevano ben intuito che la scissione dell’essere umano in una serie di compartimenti impermeabili, non induce terapeuticità in quanto l’equazione è semplice: se energia (E°) allora materia (St) se Yin allora Yang, e scopriremo che se c’è salute (inteso come benessere psico-fisico) allora esiste equilibrio tra forze YIN e YANG e dunque possiamo affermare che esiste anche equilibrio sia a livello biochimico (esempio tra i complessi sistemi ormonali o nervosi o della PNEI = psiconeuroendocrinoimmunologia) sia a livello dei tridosha, finanche alle esperienze di vita esteriori ed interiori senza timore di affermare falsità perché l’energia è una, la struttura è una, comunque essa venga denominata o classificata. Il Murchadna, secondo il mito, è l’arma che funziona solo nelle mani dei “puri di cuore” è un paradosso in quanto un’arma non può essere utilizzata dai “puri di cuore” quindi è il paradosso della vita! Essa contiene contemporaneamente e contestualmente le due componenti: E°e St, Yin e Yang, i dosha, l’ortosimpatico e il parasimpatico, l’attivazione e la disattivazione delle funzioni biologiche e psico-fisiche. La consapevolezza è l’enigma dallo spirito, il paradosso dell’astratto – più lo conosci più lo perdi più entri nella conoscenza silenziosa più diventi un tutt’uno con essa per tanto: a) l’universo è un infinito conglomerato di campi di energia, fili di luce – luminosità (fisica dei quanti – tradizioni antiche: l’ayurveda) b) gli esseri umani sono composti anch’essi di un incalcolabile numero di filiformi campi di energia. L’agglomerato umano può essere un globo di luce (l’uovo di energia); c) l’energia è la forza diffusa che ci mette in grado di percepire. Noi non acquistiamo consapevolezza perché percepiamo, bensì iniziamo a percepire in conseguenza dell’altalenante ritmico pulsare dell’energia del nostro campo sottile-grossolano(corpo eterico-corpo fisico). La consapevolezza è la possibilità di sperimentare questo maggior numero possibile di percezioni possedute e possibili da parte del soggetto umano. Il percorso della consapevolezza passa dal comprendere che - noi amiamo oppure odiamo tutto ciò che è un riflesso di noi stessi; - l’empatia-compassione-(non provare alcuna pietà per sé stessi, senza la forza propulsiva dell’autocommiserazione) - porta alla trascendenza della compassione. Il contatto con l’energia fa superare il senso di presunzione dovuto alla pratica dell’autocommiserazione. L’enunciazione di un fatto, al momento incomprensibile, può condurre alla comprensione che il momento cambierà. Il primo problema è il bisogno di capire indirettamente cos’è l’energia, il secondo problema è capire/sperimentare l’energia direttamente. Quando l’energia si sperimenta con le sue parole silenziose si saprà subito cos’è. La difficoltà più grande consiste nella nostra riluttanza ad accettare l’idea che la conoscenza può esistere senza le parole che la spieghino. Accettare non è altrettanto facile che dire di accettare. E’ sviluppare la consapevolezza che la conoscenza e il linguaggio possono esistere indipendentemente l’uno dall’altro. Il punto cruciale della nostra difficoltà a concepire la consapevolezza è il rifiuto ad accettare il concetto di una conoscenza senza parole e persino senza pensieri. La conoscenza e il linguaggio sono separati. Non esiste un modo di parlare della consapevolezza perché essa si può solo sperimentare. Un’ulteriore difficoltà nella cultura tecnologica è che si considera solo un’idea di astrazione, esempio: l’essenza interiore dell’uomo o un principio fondamentale per un modello culturale (come il nostro) sono cose astratte. Ovvero qualcosa un po’ meno vaga come il carattere, la volontà, il coraggio, la dignità, l’onore. L’energia che informa si può descrivere con ognuno di questi termini. Ed ecco che emerge il paradosso, inspiegabile per il pensiero lineare, ma solo per esso. L’energia che informa (lo spirito) è insieme tutti questi termini e nessuno. Tutte quelle cose che si considerano astrazioni sono gli opposti di tutte le cose pratiche che riusciamo a pensare oppure cose che non hanno esistenza concreta mentre, in verità, un’astrazione è qualcosa che non ha paralleli nella condizione umana. Quindi si rende idonea l’asserzione che la conoscenza può essere indipendente dal linguaggio, senza preoccuparsi di capirla. Essa non coincide con le storie (le nostre storie) che si rendono necessarie solo perché – per insulse che siano – ci danno sicurezza; abbandonarla significa sperimentare i disegni della semplicità sublime e della più labirintica complessità. A ciò appartengono i ricordi datati di abbagliante nitidezza. Essi non hanno nulla a che vedere con la normale memoria in quanto sono avvenimenti che non appaiono alla percezione in sequenza lineare, bensì insorgono come una valanga olistica e globalizzante. La consapevolezza totalizzante scaturisce e si allinea a quei campi di energia che formano l’universo, è fondamento della vivente connessione con le altre componenti dell’universo. Il grande disguido collettivo è di vivere le nostre esistenze senza tenere in alcun conto di questa connessione. Le nostre esistenze, spietati interessi, preoccupazioni, speranze, frustrazioni e paure hanno la precedenza e non ci si accorge di essere legati a tutto il resto. La perdita derivante da questa condizione rende allegorica e simbolica l’idea cristiana della cacciata dall’Eden. La conoscenza non può che essere un ritorno al primordiale, un ritorno ed un rientro nell’Eden. Una modalità, l’unica che appare consapevole in questo contesto è visualizzare il mondo com’è davvero e cioè pieno di colori, vibrante, splendido, simile ad una foresta magica o ad un deserto colorato. Visualizzare in maniera consapevole l’energia che trabocca dal/dai campo/i energetici di coloro che ci stanno intorno, elevando le vibrazioni in modo che si incominci a vedere l’Eden così com’è. Quando ciò accade, si riesce a percepire il senso della sincronicità e della connessione con il tutto. Organizzato in questo modo il nostro campo, si riverbera il sé superiore sul viso di chiunque. In Ayurveda è la meditazione: attinge al Samandhi. I due fattori, materia ed energia, con la presenza di un terzo fattore l’evoluzione/ trasformazione lungo il vettore tempo, sono indissolubilmente legati e essi sempre devono essere presi in considerazione per poter affrontare in modo corretto ogni squilibrio energetico e dunque ogni condizione patologica (figura 1). In questo rapporto tra struttura (definita in Fisica come il supporto strutturato dell’energia) ed energia abbiamo una costante naturale nel rapporto di uno a 1 miliardo (costante di Rubbia) e questo ci porta alla considerazione della “teoria dei TRIDOSHA” che funzionando in armonia sintetizzano un concetto importante: a nessun livello può esistere la materia senza energia e viceversa. Il piano allora della concezione tecnico-meccanicistica materialista deve, seppur in modo ordinato alternarsi o fondersi tra quelle dell’interpretazione dinamico-energetica senza trascurare l’aspetto psiche che è di per sé, come d’altronde quello materiale, inserito nel contesto stesso. Il fisico B. Heinè considera vari livelli di questi processi non divisi ma interconnessi tra loro e le chiama: Physis, Bios, Psiche e Pneuma. Queste stratificazioni, livelli dell’essere, sono in rapporto interattivo d’altronde cosa è ciò se non la teoria dei cinque elementi in ayurveda: terra, acqua, fuoco, aria/etere ? Si noti ancora la convergenza tra il paradigma della moderna fisica quantistica e quello di questo antico sapere. I riduzionismi, allora, tengono conto solo di ¼ dell’aspetto e cioè solo della stratificazione materiale, “se vediamo” solo il 5% dell’uomo, della realtà che tiene conto solo della materia, energia grossolana, non si può curare veramente nè si può attivare il processo di guarigione, più coerentemente si parlerebbe di autoguarigione.. Allora dalla logica aristotelica binaria si deve necessariamente passare a quello che tiene conto di più stratificazioni e possibilmente interconnessioni come già da tempo descritte nell’approccio orientale e nel sapere negletto di molti studiosi occidentali. Probabilmente il voler stratificare questi aspetti ci lega ad una forma più energetica di meccanicismo ma pur sempre meccanicismo, forse il concetto di “olistico” risiede proprio nel fatto di amalgamarle al meglio abbandonando il pensiero lineare impossessandosi di più delle concezioni di ciclicità, ritmicità e circolarità. C.G. Jung si è dedicato allo studio di molte forme di misticismo, credeva che sarebbe dovuto passare centinaia di anni prima che la consapevolezza derivante da queste esperienze avrebbe fatto breccia nella cultura e nella quotidianità dell’Occidente. Però pare che non sia così. Comunque è evidente che al giorno d’oggi si riscontrano i segni inconfondibili del risveglio della consapevolezza (Kundalini?) in migliaia di occidentali. All’interno di ogni individuo esiste un punto di unità tra il sottile ed il ponderale, esiste una particolare armonia che la mente conscia e la volontà non possono dirigere. “Il controllo non controllo” operato dall’istinto è più rapido, sottile e profondo e accurato, maggiormente in contatto con la realtà rispetto al controllo effettuato dalla mente. La scoperta nell’individuo di tale reale consapevolezza toglie il respiro. L’impossibile diventa possibile, il punto d’unione si sposta e si trascende, si è consapevoli del potere che arriva da una fonte sconosciuta: la consapevolezza trascende. Quando guardiamo in noi stessi in cerca di risposte, quando smettiamo di incolpare gli altri per le nostre emozioni, quando cominciamo a metterci in contatto con sensazioni – emozioni – sincronicità , allora troviamo il nostro maestro.
Processo di consapevolezza DA A
indipendenza interdipendenza capacità intellettuali saggezza autocritica riconoscimento della propria forza sicurezza adattabilità conflitto con l’autorità condivisione del comando drammi emozionali ricerca del segno Karmico paura amore controllo fiducia ricerca dell’approvazione degli altri fiducia in sè conformismo creatività famiglia opprimente legami sicuri dipendenza sicurezza della via spendere troppo guarire dal senso di perdita/lutto /separazione ricerca delle bellezze di forma valore all’interiorità ed al bello interiore mancanza d’amore amore e scintilla dell’energia divina dentro di sé rabbia autorevolezza partecipata senso di colpa amore con saggezza perfezionismo accettazione di sé vendetta perdono manipolazione degli altri compartecipazione e riconoscimento del sentimento d’amore
Un processo di consapevolezza è anche dire a noi stessi che occorre attendere e dare attenzione alle sincronicità, esse accadono quando necessitano. Il minimo che possiamo fare è ammirare l’accadimento sincronico, il massimo e dare pieno apporto a tale esperienza creativa. (1) Grande Maestro dei primi secoli, è il Padre nell’uso delle erbe, dei minerali e dei metalli.
TRIANGOLO ENERGETICO a) E°
EVOLUZIONE lungo il Vettore tempo
St E° = energia St = Struttura b) VATA
PITA (Evoluzione /trasformazione) lungo il vettore tempo
KAFA
Kafa intesa come la struttura /terra Vata intesa come movimento Pita la trasformazione
Figura 1 = Rappresentazione convergente dei due paradigmi: a) attuale (fisico) b) antico (ayurvedico) ma sostanzialmente con invarianza del senso.
Dott. Annibale D’Angelo Dott. Carlo Contaldi
U.O. SERT Sapri (SA) Servizio per le Dipendenze Patologiche email: sertsapri@libero.it
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